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Le origini della Villa Lalatta Costerbosa , denominta La Vignazza , sono da ricercare insieme a quelle del suggestivo Oratorio del Romito, oggi cappella gentilizia di proprietà privata della famiglia Lalatta   Costerbosa ,  aperto  al pubblico per il culto ma  disponibile  anche per cerimonie religiose private .
Nel 1867 il complesso di origini medioevali, viene acquistato come casino di caccia dal Conte Antonio Costerbosa , la cui unica figlia Faustina,  sposa del Marchese Antonio Lalatta, ne completa il suo recupero nel 1879. D’allora, sino ai giorni nostri , i fabbricati, insieme ai terreni circostanti ed al sottostante podere Eremita,  costituiscono la tenuta agricola “ la Vignazza” che è stata nominata  Sito di Importanza  Comunitaria e vincolata a parco naturale . Estendendosi per quasi 40 ettari, la proprietà, pur essendo  a  pochi  chilometri sia da Parma  che Reggio Emilia e un’ oasi di tranquillità in cui  poter  ancora ammirare i paesaggi naturali  delle campagne emiliane.

 

Le Origini

Fam. Lalatta Costerbosa

La Villa

Villa  La Vignazza  sorge a Montechiarugolo sul colle dominante la valle dell'Enza ed è, insieme al Castello, una delle testimonianze architettoniche più importanti della zona.
La villa padronale, insieme alle strutture dell'antica azienda agricola, barchesse e scuderie, si affaccia sulle corti pavimentate ad acciottolato e conserva intatto il fascino delle dimore storiche della campagna emiliana.
Il grande parco secolare in continuità con il giardino all'italiana, gli ampi spazi verdi attrezzati che circondano la villa, i porticati, le serre, i grandi camini, la cantina accessibile anche dalle sale, le decorazioni a stencil originali dell'epoca, le vetrate istoriate multicolori liberty e tutte le pertinenze sapientemente restaurate, ne costituiscono un'importante ed esclusiva location.

 

 

Edificato in collegamento alla fortezza di Montechiarugolo e del Convento di Santa Maria delle Grazie (ora Santa Fenicola di proprietà privata) sorgeva adiacente ad un rifugio destinato ad un romito (termine derivante dalla deformazione della parola eremita, intesa come religioso; in questo caso si trattava di frate un francescano che viveva solitario in luogo remoto ed isolato dal resto dei suoi confratelli) che, oltre a traghettare i viandanti da una sponda all'altra del torrente Enza, aveva cura del luogo sacro e del tratto di bosco limitrofo. La devozione popolare per l'immagine della Vergine, ivi conservata, ne fece ben presto un luogo di culto ed un centro di pellegrinaggio conosciuto anche in territori al di fuori dei confini del contado.
I primi documenti ufficiali risalgono alla donazione di questo oratorio, datata 2 Maggio 1530, che fece Donna Domitilla Trivulzio, vedova del Conte Francesco Torelli di Montechiarugolo, ai religiosi del convento dei Frati Minori.Probabilmente, con questo lascito, la nobildonna intendeva così porre termine alla lunga contesa per il controllo dell'attraversamento del torrente Enza, che aveva opposto il Papa Leone X al marito ed era culminata nel 1514 con l'incendio di una barca e l'uccisione degli addetti da parte dei Torelli. Pare che il primo impianto dell'Oratorio sia relativo ai primi decenni dell'anno mille e che nel 1530 fosse in totale rovina, tanto da indurre i frati stessi del Convento di Santa Maria della Grazie a supplicare il Pontefice Clemente VII ad utilizzare le elemosine per consentirne la conservazione. In seguito sia l'eremo che la cappella vengono distrutti per cui, nel 1578, Mons. Castelli ordina la posa di una croce in legno sul luogo dell'edificio (croce che oggi compare nella pavimentazione in cotto del pronao). Fu totalmente riedificato dai religiosi del Convento di Montechiarugolo tra la fine del secolo XVII e l'inizio del XVIII, ma nel 1811 fu soppresso, con il Convento, per volere di Napoleone e, insieme alle terre, venduto a privati. Nel 1817  di propriet della famiglia del Capitano Rossini ed, in seguito, al Cavagnari, autore di "La Fata di Montechiarugolo", che lo cita nel suo romanzo. Nell'anno 1843  posseduto dal Giudice Remigio Villa. Dal 1867 appartiene alla famiglia Lalatta Costerbosa che lo trasform in cappella gentilizia, restaurandolo completamente ad opera del Conte Antonio Costerbosa prima e, successivamente, dell'unica figlia Faustina, sposa del Marchese Antonio Lalatta, come compare dalle iscrizioni delle lapidi murate nel pronao.

 


L'impianto semplice e severo era costituito, in origine, da un pronao e da due corpi voltati a botte su diversi livelli. Recenti interventi di consolidamento hanno modificato la struttura di copertura ma messo in luce pregevoli affreschi seicenteschi, sulla parete absidale interna, raffiguranti l'Annunciazione della Beata Vergine, cui era dedicato il tempio, e le immagini di due Evangelisti dotati alle mani ed ai piedi, di sei dita. L'Oratorio del Romito è collegato direttamente alla soprastante Villa La Vignazza mediante un suggestivo stradello nel bosco di acacie, roverelle e carpini, che conserva, probabilmente, l'antico tracciato dei pellegrini romei. L'Oratorio con l'antico viale d'accesso , a richiesta, aperto ai visitatori. In esso inoltre, in quanto consacrato, è possibile, a richiesta, celebrare matrimoni, battesimi ed altre cerimonie religiose, previo accordo con l'autorità clericale.

L'Oratorio del Romito

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